Dopo cinque anni di presentazioni - fra l'altro con notevoli
modifiche avvenute nel corso del tempo, segno che c'è stato dietro un
serio lavoro di analisi e di valutazioni - il comune di Brescia "batte
cassa" e ha presentato al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti il
progetto di una rete tranviaria che integri la linea di metropolitana
esistente.
Nonostante io abbia scritto un singolo libro sui tram e qualche articolo di ferrovie, ho un approccio parecchio funzionalista
e non sono di certo un tifoso: in parole povere, non sosterrò il
progetto tranviario perché sono un appassionato, ma lo appoggerò perché è
frutto di valutazioni rigorose che dovrebbero rispondere alla mobilità
cittadina bresciana. Ogni progetto non ha bisogno solo di idee (anche se
ritengo la programmazione elemento fondamentale per darne basi solide:
le strade della storia dei trasporti pubblici sono lastricate di cocci
di progetti folli, alcuni anche realizzati contro ogni logica) ma anche
di soldi, spesso parecchi soldi come è avvenuto con il Metrobus. Il tram
ha un approccio più leggero di quest'ultimo, ma molto più impattante
perché passerà in superficie. Avrà anche il limite di movimentare un
numero di persone più basso. Tuttavia, il vantaggio delle rotaie, spesso
dimenticato, è che consente di spostare mezzi più pesanti di quelli su
gomma, richiedendo consumi energetici inferiori (in caso contrario,
nessuno avrebbe mai pensato di utilizzare treni a 250/300 km/h per
muovere migliaia di persone in una volta sola), quindi il progetto mira a
spostare più persone di quanto non faccia l'autobus e con confort
superiori.
Nel caso del
nuovo tram di Brescia, quindi, non vale la metafora, che spesso uso, di
fare progetti come se si andasse a caccia col cannone. Pazienterò
qualche mese e poi sapremo se anche Brescia potrà costruire quelle linee
di tram che potranno incrementare il numero di viaggiatori su mezzi
pubblici nei prossimi dieci/vent'anni.
Fonte: «Giornale di Brescia», 28 febbraio 2019.
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